20071118

Lost in Translation

TITOLO ORIGINALE: Lost in Translation

PRODUZIONE: USA

ANNO: 2003

REGIA: Sofia Coppola

INTERPRETI: Bill Murray, Scarlett Johansson, Giovanni Ribisi, Anna Faris, Fumohiro Hayashi



Finalmente sono riuscito a vederlo! Stava nella lista dei film da vedere da un paio d'anni. Il titolo mi incuriosiva, così come i protagonisti. Risultato? Ne è valsa la pena. Un film intimo, sofisticato, diverso. Non etichettabile, non appartenente a nessuna categoria. Non drammatico, non una commedia romantica. Semplicemente Lost in Translation. Sofia Coppola, figlia del grande Francis, aveva già dato prova delle sue abilità con la prima opera, "Il giardino delle vergini suicide". E anche con questa seconda pellicola riesce ad ottenere grandi risultati, dimostrando di avere talento proprio, e di non vivere nell'ombra del padre
Bravissimi gli attori Bill Murray e Scarlett Johansson, "persi" e "dispersi" in una Tokyo psichedelica ed eterea, e in un sentimento che nasce in silenzio, in uno sguardo, in fugaci e casuali incontri. I luoghi più banali, un ascensore, il corridoio di un hotel, il bancone di un bar, si caricano di sottili e densi significati. Si passa velatamente dalla simpatia all'amicizia ad un amore impossibile e al conseguente addio. Due anime sospese nelle loro vite sbagliate, l'una ormai vissuta e l'altra ancora agli inizi. Persi nelle loro notti insonni, e nei gesti appena accennati in uscite fugaci che mai sfoceranno banalmente in sesso. Ci sono anche alcune sequenze esilaranti, come le scene in cui Bob (attore hollywoodiano di fine carriera) gira lo spot di un whisky con un regista esaltato, oppure le sue smorfie davanti all'incomprensibile fotografo, e la scena in cui una stramba prostituta va a trovarlo in camera... momenti che portano al sorriso, ma che non fanno perdere al film quella delicatezza che lo contraddistingue. L'ironia e beffarda e amara, ma sempre velata. Idea di gran stile nel finale: Bob sussurra una frase all'orecchio di Charlotte, ma lo spettatore non riesce a decifrare le parole; i due si sorridono, si abbracciano, si baciano e poi si lasciano. Belle inquadrature, bella fotografia, il film forse a tratti scorre un po' lento, ma credo sia una scelta registica ben precisa. Lo spettatore davanti alle immagini sembra avvertire lo stesso senso di straniamento dei protagonisti, lo stesso stato confusionale.
Da vedere in solitudine o in dolce compagnia, in silenzio, attentamente. Da evitare la visione in goliardica comitiva.

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